Il mondo digitale è sempre più realtà. L’avanzare delle tecnologie continua a modellare una nuova società iperconnessa dove le distanze geografiche vengono annullate dalla velocità di trasmissione dei dati. Già oggi molte persone sono abituate a vivere e lavorare in una rete unica che va da New York a Tokyo, e il futuro sarà ancora più smart.
E l’Italia dove si colloca su questo nuovo planisfero virtuale? In una periferia molto arretrata, purtroppo. La colpa non è da cercare solo nelle infrastrutture inadeguate, ma anche e soprattutto in un atteggiamento mentale che non è ancora pronto ad accogliere il nuovo.
Il quadro impietoso dell’Unione Europea
Il nostro Paese continua a pagare un enorme ritardo nell’accesso alle tecnologie e nelle competenze web.
Secondo l’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società DESI 2020 della Commissione europea, l’Italia è al venticinquesimo posto su 28 tra i paesi UE per la performance digitale, ben al di sotto della media continentale in tutti i parametri presi come criterio di valutazione:
- capitale umano;
- uso di servizi internet;
- integrazione delle tecnologie digitali;
- servizi pubblici digitali.
Fa eccezione la connettività, ma solo per quello che riguarda il livello di preparazione per la tecnologia 5G, terzo posto nell’Unione. Altri fattori, come l’accesso alla banda larga, ci fanno fare degli incredibili passi indietro.
L’emergenza sanitaria del 2020 ha parzialmente modificato le abitudini degli italiani, con investimenti governativi per potenziare i servizi e un’impennata degli acquisti e vendite online. Le piccole e medie imprese hanno cercato di sbarcare sulla rete in fretta e furia per contrastare la crisi, ma siamo ancora lontani dal livello europeo.
In Italia il 49% degli abitanti ha dichiarato di aver fatto almeno un acquisto online nel 2020, pochi rispetto alla media dell’Unione al 71%, mentre le aziende che vendono prodotti tramite ecommerce sono l’11% del totale contro il 23% europeo.
A questi valori dobbiamo aggiungere che il 17% degli italiani ammette di non aver mai usato internet (UE 9%) e che solo il 42% della popolazione ha competenze digitali di base (UE 58%).
Ripensare il web: da optional a priorità
Questi numeri dimostrano che l’arretratezza informatica in Italia non riguarda solo l’accesso alle tecnologie, ma piuttosto una forma di resistenza mentale alle novità. Se i grandi gruppi si sono attrezzati da anni per sfruttare le opportunità offerte da internet, piccole e medie imprese faticano ancora a liberarsi di una certa diffidenza. A preoccupare sono soprattutto i costi della digitalizzazione, che continuano a prevalere sui vantaggi che si possono ottenere già nel breve periodo.
L’accelerazione negli investimenti telematici dell’ultimo anno è sicuramente un segnale di cambiamento, ma la distanza da recuperare rispetto alla media europea rimane enorme.
L’Italia non ha bisogno di colmare il divario in poco tempo, ma di ripensare il modo di approcciarsi al web. Come abbiamo visto nel nostro blog, la presenza online è importante, ma va fatta bene, con preparazione e il giusto bagaglio di competenze.
Prima di arrivare su internet dobbiamo cambiare il nostro approccio alla formazione digitale e renderla una priorità, non un optional. Perché internet oggi non è più una frontiera da esplorare, ma il mondo in cui vivere.